Tra le migliaia di domande che mi sono state poste dai miei clienti ce n’è una che mi ha sempre costretto a dare una risposta molto generica ed approssimativa, cosa che odio. Questo odio unito alla mia ormai nota curiosità mi ha portato a fare una ricerca seria su questo argomento.
Sto parlando dell’interazione tra dermopigmentazione (tatuaggi e trucco permanente) e risonanza magnetica.
Essendo questo un esame clinico ormai eseguito all’ordine del giorno la domanda del cliente è:
“ma se un giorno dovrò fare una risonanza magnetica in testa, il trucco permanente potrebbe dare problemi?”.
Come spesso succede nel nostro campo, gli argomenti più importanti spesso sono quelli più trascurati dai dermopigmentisti.
Sfortunatamente vi è molta confusione in merito agli aspetti legati alla sicurezza di una dermopigmentazione durante un esame di risonanza magnetica.
E’ capitato che, basandosi su pochi reports clinici che riferiscono di sintomi localizzati nell’area dermopigmentata, molti radiologi si siano rifiutati di effettuare l’esame di risonanza magnetica su individui con trucco permanente, in particolare con eyeliner.
Spesso l’eventualità di possibili eventi collaterali ha scoraggiato i pazienti con tatuaggi cosmetici a sottoporsi all’esame con questa importante tecnica diagnostica di imaging. Se da un lato è ben noto che i tatuaggi (decorativi e cosmetici) causino artefatti nell’immagine e che possano anche essere associati a reazioni cutanee poco significative a breve termine, l’entità, la frequenza e la gravità di tali reazioni sui tessuti molli, così come altri problemi legati i all’indagine di imaging con risonanza magnetica, sono fattori a tutt’oggi ancora in fase di studio.
Nel 2002, Tope and Shellock hanno condotto uno studio per determinare l’entità, la frequenza e la gravità dei possibili effetti dannosi associati alla risonanza magnetica in una popolazione di soggetti che si erano sottoposti a trucco permanente.
Ai clienti dei dermopigmentisti fu distribuito un questionario in cui dovevano indicare, oltre ai loro dati demografici, una serie di informazioni in merito alle loro dermopigmentazioni e riferire sull’esperienza che avevano vissuto durante un esame di risonanza. La ricerca raccolse dati relativi a ben 1032 intervistati, di cui 135 (il 13.1%) si erano sottoposti ad una risonanza magnetica dopo aver ricevuto un trucco permanente. Di essi, solo due individui (l’1.5%) accusò problemi associati all’esame. Uno dei soggetti parlò di un “leggero formicolio”, l’altro di una sensazione di bruciore. Entrambi gli episodi furono transienti, temporanei, e non impedirono che l’esame fosse portato a termine.
Sulla base di tali risultati e di ulteriori informazioni nella letteratura recente, sembra che l’imaging con risonanza magnetica possa essere eseguito su pazienti con trucco permanente senza che subentrino gravi reazioni cutanee o altri effetti dannosi. Pertanto la presenza del trucco permanente non deve scoraggiare l’individuo a sottoporsi ad una risonanza.
Ad ogni modo, prima di eseguire l’esame, è buona norma chiedere al paziente se ha su di sé tatuaggi di qualunque tipo. Tale domanda si rende necessaria per gli artefatti dell’immagine ad essi associati e, più importante, poiché vi è un esiguo numero di pazienti (meno di 10 casi documentati) che ha dichiarato di aver provato irritazione temporanea della pelle, gonfiore cutaneo o sensazione di bruciore specificatamente nell’area colorata permanentemente, nel sottoporsi ad una procedura di risonanza magnetica (review of Medical Device Reports, 1985 to 2011).
Il dato/l’informazione interessante è che i tatuaggi decorativi sembra causino problemi ben peggiori (incluse ustioni di primo e secondo grado) rispetto a quelli cosmetici.
In merito appunto ad un tatuaggio decorativo, una lettera all’editore della rivista (Medical Device Reports) riferiva di un’ustione di secondo grado sul deltoide del paziente. L’autore suggeriva che il surriscaldamento poteva essere causato sia dalle oscillazioni dei gradienti o, più probabilmente, dalle correnti elettriche “parassite” indotte dagli impulsi a radiofrequenza”. Tuttavia l’esatto meccanismo di tali complicazioni relate al tatuaggio decorativo sono a tutt’oggi oggetto di studio.
Anche Kreidstein (1997) e i suoi collaboratori hanno riportato di un paziente che ha provato un improvviso dolore legato a bruciore nella zona del tatuaggio durante una risonanza sulla zona dorsale usando uno scanner dal campo magnetico statico di 1.5T.
Il gonfiore e l’eritema sono scomparsi entro le successive 12 ore e non vi sono state conseguenze successive permanenti. In questo caso il pigmento contenuto nel tatuaggio era ferromagnetico. Incredibilmente, per consentire l’esame MRI, hanno pensato di procedere con la rimozione chirurgica del tatuaggio.
Gli autori del report hanno dichiarato che “Teoricamente, l’applicazione di un bendaggio molto stretto direttamente a contatto col tatuaggio riuscirebbe a prevenire qualunque distorsione del tessuto dovuta all’attrazione ferromagnetica”. (Tuttavia tale procedura, del tutto non invasiva, non è stata neanche presa in considerazione per il paziente in questione!!!). Inoltre che “In alcuni casi la rimozione del tatuaggio può essere il mezzo più pratico per consentire l’esame di risonanza”.
Kanal e Shellock (1998) hanno commentato il risultato di Kreidstein sostenendo che il rimedio alla situazione che si era presentata era “piuttosto aggressivo”. Chiaramente il trauma e la morbosità della rimozione del tatuaggio superano di gran lunga quelli associati all’interazione ferromagnetica con lo stesso.
L’applicazione diretta di un impacco di ghiaccio sulla zona del tatuaggio mitigherebbe ogni sensazione di bruciore che potrebbe manifestarsi durante l’esame di risonanza in modo molto meno invasivo.
Anche lo studio di Kuczkowski (2007) sembra essere dello stesso avviso in merito al manifestarsi di un senso di bruciore nell’area tatuata (seppur nessuna ustione sia stata diagnosticata) e dunque sulla necessità di prestare particolare cautela nel trattare pazienti tatuati.
Offret (2009) riporta il caso di una giovane 24-enne con trucco permanente (eyeliner) realizzato cinque mesi prima di una risonanza magnetica alla testa per motivi di emicrania. Dopo appena un minuto dall’inizio dell’esame la paziente ha lamentato una sensazione di bruciore associata ad eritema delle palpebre. Tuttavia, anche in questo caso il bruciore è cessato non appena la scansione è stata interrotta e l’eritema è scomparso nel lasso di tempo di due ore circa.
Ross (2011) presenta il caso di un giocatore di calcio professionista, che denuncia un’immediata e prolungata reazione cutanea di “bruciore” in corrispondenza del tatuaggio durante una risonanza della zona pelvica. Anch’egli attribuisce la causa alla reazione elettromagnetica dei metalli contenuti nei pigmenti, specialmente gli ossidi di ferro, responsabili della distorsione dell’immagine.
I tatuaggi più “a rischio” sembrerebbero quelli contenenti pigmenti di colore nero (dark) a base di ossidi di ferro, così come quelli dal design costituito da ampie figure circolari o punti adiacenti multipli.
…….al contrario, secondo quanto affermato da Ratnapalan (2004), gli altri pigmenti usati nei tatuaggi, solitamente indicati col nome di carbone (nero), diossido di titanio (bianco), Ftalocianina di rame (“copper phthalocyanine”, pigmenti blu e verdi) e indigoide (rosso) mostrano effetti ferromagnetici decisamente più lievi se non addirittura assenti.
Molto interessante è invece il lavoro di Morishita (2008) volto a quantizzare con precisione l’effetto puramente meccanico esercitato sui tatuaggi e sul trucco permanente dai gradienti spaziali in uno scanner con campo magnetico statico di 3T. Adottando il protocollo di misura stabilito dall’American Society for Testing and Materials, (ASTM) hanno determinato la misura massima degli angoli di deflessione indotta magneticamente a diverse posizioni.
A causa dei materiali ferromagnetici contenuti in essi, l’85% dei tatuaggi mostrava angoli di deflessione maggiori di 45°, mascara ed ombretto maggiori di 40°. Tuttavia le forze traslazionali così generate non sono risultate dannose per gli individui, poiché la quantità di tali sostanze contenuta nei pigmenti è davvero esigua.
Oltre ai disegni circolari ed al colore del pigmento, l’altro fattore di rischio accertato sembra essere l’intensità del campo magnetico statico dello scanner. Ciò è ben chiarito nella review di van der Velden (2005).
Egli passa in rassegna i pochi esperimenti scientifici realizzati fino a quel momento sull’interazione tra risonanza e tatuaggi, mostrando che a campi bassi (1-1.5 Tesla) raramente si evidenziano controindicazioni, mentre per campi magnetici statici maggiori (> 2 Tesla) possono registrarsi sintomi di bruciore o altre lievi complicazioni.
DeBoer (2008) estende la ricerca anche al piercing in una review che illustra ampiamente:
come non sia necessario rimuovere alcuni tipi di essi (quelli contenenti materiali non ferromagnetici come oro, argento, titanio, niobio) né nutrire riserve in merito al proprio tatuaggio nel sottoporsi ad una risonanza magnetica o ad altri particolari esami di imaging diagnostico (raggi X etc)
come possano evitarsi rischi e complicazioni semplicemente rimuovendo i piercing con le dovute cautele ed in modo appropriato in caso di interventi di tipo chirurgico o defibrillatori.
In questo esame di imaging diagnostico effettuato con i piercing in situ, non sono stati rilevati né artefatti dell’immagine né alcun tipo di controindicazione/effetto lesivo per il paziente
Molti sono gli artefatti dell’immagine associati al trucco permanente (ma anche ad alcuni cosmetici semplici) documentati in letteratura. Essi sono principalmente dovuti alla presenza di pigmenti che contengono ossidi di ferro o altri metalli e sono evidenti solo nelle immediate vicinanze dell’area interessata. Proprio data la loro ristrettezza, gli artefatti non dovrebbero impedire o scoraggiare lo svolgimento di una procedura diagnostica così efficace e poco invasiva come la risonanza magnetica. Specialmente considerando che un’accurata selezione dei parametri della scansione può facilmente minimizzare gli artefatti dovuti alla presenza di materiali metallici.
L’unica possibile eccezione a questo discorso si ha se la parte anatomica d’interesse coincide pressoché esattamente con l’area in cui si trova il tatuaggio contenente pigmenti a base di ossidi di ferro. Ad esempio, in un report di Weiss si afferma che le particelle di metallo pesante usate nel pigmento-base del mascara e dell’eyeliner (tatuati) hanno un effetto paramagnetico in grado di alterare il campo magnetico locale dei tessuti adiacenti. Ciò risulta in una distorsione dell’immagine in prossimità dei globi oculari. In alcuni casi l’estensione dell’artefatto e la distorsione possono persino impedire di discernere una sottostante patologia oculare, come un melanoma del corpo ciliare o una cisti.
Alla luce di quanto detto ritengo che il modulo per lo screening preliminare del paziente (una sorta di consenso informato), deve includere una domanda per individuare l’eventuale presenza di trucco permanente o di tatuaggi decorativi.
Il paziente deve essere preventivamente informato sui rischi associati all’area del tatuaggio e pregato, qualora si manifesti una qualunque sensazione insolita nell’area del tatuaggio durante l’esame di risonanza magnetica, di avvisare immediatamente il tecnico di radiologia.
Al fine di garantire la sicurezza, il paziente deve essere costantemente monitorato con ogni mezzo visivo ed uditivo a disposizione del tecnico, durante tutta la durata dell’esame.
Come misura precauzionale, pare che un impacco di ghiaccio può essere applicato nella sede del tatuaggio durante la procedura.
Oltre a quanto appena detto, altre informazioni e raccomandazioni sono state fornite ai pazienti dalle statunitensi
Food and Drug Administration
Center for Food Safe and Applied Nutrition
Office of Cosmetics and Colors Fact Sheet
Tutte concordano che:
“Il rischio che si corre non effettuando un esame di risonanza magnetica raccomandato dal proprio medico è molto probabilmente più alto dei rischi di complicazione derivanti dall’interazione tra la risonanza ed un tatuaggio (decorativo o estetico). Anziché scegliere di non sottoporsi all’esame, è bene informare preventivamente della dermopigmentazione i radiologi ed i tecnici preposti, affinché possano essere adottate appropriate precauzioni, evitate complicazioni, assicurati i migliori risultati”.
Spero che ora tutti gli operatori interessati (dermopigmentisti e tecnici di radiologia) abbiano le idee un po’ più chiare su questo argomento.
Siate curiosi.
Ennio ORSINI
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